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Lettere recapitate durante

i 55 giorni di prigionia

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A Riccardo Misasi - recapitata il 29 aprile - non divulgata

La lettera, recapitata il 29 aprile, è stata scritta, insieme alla lettere a Piccoli (non recapitata) Andreotti, Ancora e Craxi, prima di domenica 22 aprile come si evince dalla lettera, mai recapitata, inviata da Moro all'allieva Maria Luisa Famigliari incaricata dal Presidente Dc di consegnare le lettere. Non divulgata durante il sequesto. Pubblicata per la prima volta dal "Corriere della Sera" il 13 settembre 1978. Guarda il manoscritto

Riccardo Misasi era un deputato della corrente di sinistra della Dc la stessa di Moro e Zaccagnini.

 

Carissimo Riccardo,

un grande abbraccio e due parole per dirti che mi attendo, con l'eloquenza ed il vigore che ti sono propri, una tua efficace battaglia a difesa della vita, a difesa dei diritti umani, contro una gretta ragion di Stato. Tu sai che gli argomenti del rigore, in certe situazioni politiche, non servono a nulla. Si tratta di ben altro che dovremmo sforzarci di capire. Se prendi di petto i legalisti, vincerai ancora una volta. Non illudetevi di invocazioni umanitarie. Vorrei poi dirti che, se dovesse passarsi, come ci si augura, ad una fase ulteriore, la tua autorità ed esperienza di Presidente della Commissione Giustizia, dovrebbero essere, oltre che per le cose in generale che interessano, preziose per alcuni temi specifici che tu certo intuisci.

Grazie e tanti affettuosi saluti.

Aldo Moro

On. Riccardo Misasi  



A Tullio Ancora - recapitata il 29 aprile - non divulgata

La lettera è stata scritta, insieme alla lettere a Piccoli (non recapitata), Andreotti, Misasi e Craxi, prima di domenica 22 aprile come si evince dalla lettera, mai recapitata, inviata da Moro all'allieva Maria Luisa Famigliari incaricata dal Presidente Dc di consegnare le missive. La lettera fu consegnata ad Ancora dalla signora Moro il 29 aprile.. Non divulgata durante il sequesto. Ritrovata nell'ottobre del 1978 nel covo di Via Montenevoso. Guarda il manoscritto

Tullio Ancora, consigliere di Aldo Moro fu incaricato di tenere i rapporti con Botteghe oscure durante la formazione del governo di solidarietà nazionale

 

Caro Tullio,

un caro ricordo ed un caloroso abbraccio. Senza perdersi in tante cose importanti, ma ovvie, concentrati in questo. Ricevo come premio dai comunisti dopo la lunga marcia la condanna a morte. Non commento. Quel che dico, e che tu dovresti sviluppare di urgenza e con il garbo che non ti manca, è che si può ancora capire (ma male) un atteggiamento duro del PCI, ma non si capirebbe certo che esso fosse legato al quadro politico generale la cui definizione è stata così faticosamente raggiunta e che ora dovrebbe essere ridisegnato. Dicano, se credono, che la loro è una posizione dura e intransigente e poi la lascino lì come termine di riferimento. E' tutto, ma è da fare e persuadere presto.

Affettuosamente Aldo Moro

Dott. Tullio Ancora Via Livorno 44 Roma



A Giulio Andreotti - recapitata il 29 aprile - non divulgata

La lettera è stata scritta, insieme alla lettere ad Piccoli ( non recapitata), Ancora, Misasi e Craxi, prima di domenica 22 aprile come si evince dalla lettera, mai recapitata, inviata da Moro all'allieva Maria Luisa Famigliari incaricata dal Presidente Dc di consegnare le missive. Non divulgata durante il sequestro fu pubblicata per la prima volta il 13 settembre 1978 da "Il Corriere della Sera". Guarda il manoscritto

 

Caro Presidente,

so bene che ormai il problema, nelle sue massime componenti, è nelle tue mani e tu ne porti altissima responsabilità. Non sto a descriverti la mia condizione e le mie prospettive. Posso solo dirti la mia certezza che questa nuova fase politica, se comincia con un bagno di sangue e specie in contraddizione con un chiaro orientamento umanitario dei socialisti, non è apportatrice di bene né per il Paese né per il Governo.

La lacerazione ne resterà insanabile. Nessuna unità nella sequela delle azioni e reazioni sarà più ricomponibile. Con ciò vorrei invitarti a realizzare quel che si ha da fare nel poco tempo disponibile. Contare su un logoramento psicologico, perché son certo che tu, nella tua intelligenza, lo escludi, sarebbe un drammatico errore.

Quando ho concorso alla tua designazione e l'ho tenuta malgrado alcune opposizioni, speravo di darti un aiuto sostanzioso, onesto e sincero. Quel che posso fare, nelle presenti circostanze, è di beneaugurare al tuo sforzo e seguirlo con simpatia sulla base di una decisione che esprima il tuo spirito umanitario, il tuo animo fraterno, il tuo rispetto per la mia disgraziata famiglia.

Quanto ai timori di crisi, a parte la significativa posizione socialista cui non manca di guardare la D.C., è difficile pensare che il PCI voglia disperdere quello che ha raccolto con tante forzature. Che Iddio ti illumini e ti benedica e ti faccia tramite dell'unica cosa che conti per me, non la carriera cioè, ma la famiglia.

Grazie e cordialmente tuo Aldo Moro

On. Giulio Andreotti Presidente del Consiglio dei Ministri


 

A Bettino Craxi - recapitata il 29 aprile - pubblicata

La lettera è stata scritta, insieme alla lettere a Piccoli (non recapitata), Ancora, Misasi e Andreotti, prima di domenica 22 aprile come si evince dalla lettera, mai recapitata, inviata da Moro all'allieva Maria Luisa Famigliari incaricata dal Presidente Dc di consegnare le missive. La lettera fu pubblicata da "Il Corriere della Sera" il 1 maggio 1978 per volere dello stesso Craxi"

Bettino Craxi era segretario del parito socialista. Fu l'unico esponente dell'arco politico a caldaggiare una trattattiva per la liberazione di Aldo Moro.


Caro Craxi,

poiché ho colto, pur tra le notizie frammentarie che mi pervengono, una forte sensibilità umanitaria del tuo Partito in questa dolorosa vicenda, sono qui a scongiurarti di continuare ed anzi accentuare la tua importante iniziativa. E' da mettere in chiaro che non si tratta di inviti rivolti agli altri a compiere atti di umanità, inviti del tutto inutili, ma di dar luogo con la dovuta urgenza ad una seria ed equilibrata trattativa per lo scambio di prigionieri politici. Ho l'impressione che questo o non si sia capito o si abbia l'aria di non capirlo. La realtà è però questa, urgente, con un respiro minimo.

Ogni ora che passa potrebbe renderla vana ed allora io ti scongiuro di fare in ogni sede opportuna tutto il possibile sull'unica direzione giusta che non è quella della declamazione. Anche la D.C. sembra non capire. Ti sarei grato se glielo spiegassi anche tu con l'urgenza che si richiede. Credi, non c'è un minuto da perdere. E io spero che o al San Rafael o al Partito questo mio scritto ti trovi. Mi pare tutto un po' assurdo, ma quello che conta non è spiegare, ma, se si può fare qualcosa, di farlo.

Grazie infinite ed affettuosi saluti Aldo Moro

On. Bettino Craxi Segretario del Partito Socialista Italiano


 

A Renato Dell'Andro - recapitata il 29 aprile - non divulgata

La lettera, recapitata il 29 aprile, fu scritta dopo quelle a Piccoli (non recapitata), Ancora, Misasi e Andreotti,. Secondo le intenzioni di Moro la lettera, insieme a quelle per Piccoli e Pennacchini e Dell'Andro, doveva essere consegnata a Don Mennini per l'inoltro come si legge nel messaggio inviato al sacerdote ma non recapitato. Non divulgata durante il sequestro fu pubblicata per la prima volta da "Il Corriere della Sera" il 13 settembre 1978. Guarda il manoscritto

Renato Dell'Andro, allievo di Moro all'università di Bari, fu magistrato e sindaco di Bari. Deputato della DC dal 1963 -1985 fu politicamente sempre vicino ad Aldo Moro.

 

Carissimo Renato

in questo momento così difficile, pur immaginando che tu abbia fatto tutto quello che la coscienza e l'affetto ti suggerivano, desidero aggiungere delle brevi considerazioni. Ne ho fatto cenno a Piccoli e a Pennacchini ed ora lo rifaccio a te, che immagino con gli amici direttamente e discretamente presenti nei dibattiti che si susseguono.

La prima riguarda quella che può sembrare una stranezza e non è e cioè lo scambio dei prigionieri politici. Invece essa è avvenuta ripetutamente all'estero, ma anche in Italia. Tu forse già conosci direttamente le vicende dei palestinesi all'epoca più oscura della guerra. Lo scopo di stornare grave danno minacciato alle persone, ove essa fosse perdurata. Nello spirito si fece ricorso allo stato di necessità. Il caso è analogo al nostro, anche se la minaccia, in quel caso, pur serissima, era meno definita. Non si può parlare di novità né di anomalia.

La situazione era quella che è oggi e conviene saperlo per non stupirsi. Io non penso che si debba fare, per ora, una dichiarazione ufficiale, ma solo parlarne di qua e di là, intensamente però. Ho scritto a Piccoli e a Pennacchini che è buon testimone.

A parte tutte le invenzioni che voi saprete fare, è utile mostrare una riserva che conduca, in caso di esito negativo, al coagularsi di voti contrari come furono minacciati da De Carolis e altri, Andreotti che (con il PCI) guida la linea dura, deve sapere che corre gravi rischi. Valorizzare poi l'umanitarismo socialista, più congeniale alla D.C. e che ha sempre goduto, e specie in questa legislatura, maggiori simpatie.

Forza, Renato, crea, fai, impegnati con la consueta accortezza. Te ne sarò tanto grato.

Ti abbraccio. Aldo Moro

On. [...] Renato Dell'Andro S.p.M.   [...] parola illeggibile  



A Flaminio Piccoli - recapitata il 29 aprile - non divulgata

La lettera fu consegnata a Piccoli da Sereno Freato, collaboratore di Moro, la mattina del 29 aprile nella sede del gruppo parlamentare Dc alla Camera. Secondo le intenzioni di Moro la lettera, insieme a quelle per Pennacchini e Dell'Andro, doveva essere consegnata a Don Mennini come si legge nel messaggio inviato al sacerdote ma non recapitato. Moro scrisse un altra lettera a Piccoli facente parte del gruppo da consegnare a Maria Luisa Familiari. Le Br però inoltrarono solo questa, scritta probabilmente dopo il 23 Aprile, preferendola alla precedente non recapitata. Non divulgata durante il sequesto, fu pubblicata per la prima volta da "Il Corriere della Sera" il 13 settembre 1978. Guarda il manoscritto

Flaminio Piccoli esponente di spicco della Dc. Tra i leader della corrente dei "dorotei" fu spesso in contrasto con la linea politica di Moro. Durante il rapimento era presidente del gruppo parlamentare Dc alla Camera.

 

On. Flaminio Piccoli Presidente Gruppo D.C.

occorrendo puoi parlare anche di me Caro Piccoli, non ti dico tutte le cose che vorrei per brevità e per l'intenso dialogo tra noi che dura da anni. Ho fiducia nella tua saggezza e nel tuo realismo, unica antitesi ad un predominio oggi, se non bilanciato, pericoloso. So che non ti farai complice di un'operazione che, oltretutto, distruggerebbe la D.C.

Non mi dilungo, perché so che tu capisci queste cose. Aggiungo qualche osservazione per il dibattito interno che spero abbia giuste proporzioni e sia da te responsabilmente guidato. La prima osservazione da fare è che si tratta di una cosa che si ripete come si ripetono nella vita gli stati di necessità. Se n'è parlato meno di ora, ma abbastanza, perché si sappia come sono andate le cose. E tu, che sai tutto, ne sei certo informato.

Ma, per tua tranquillità e per diffondere in giro tranquillità, senza fare ora almeno dichiarazioni ufficiali, puoi chiamarti subito Pennacchini che sa tutto (nei dettagli più di me) ed è persona delicata e precisa. Poi c'è Miceli e, se è in Italia (e sarebbe bene da ogni punto di vista farlo venire) il Col. Giovannoni, che Cossiga stima. Dunque, non una, ma più volte, furono liberati con meccanismi vari palestinesi detenuti ed anche condannati, allo scopo di stornare gravi rappresaglie che sarebbero poi state poste in essere, se fosse continuata la detenzione. La minaccia era seria, credibile, anche se meno pienamente apprestata che nel caso nostro. Lo stato di necessità è in entrambi evidente.

Uguale il vantaggio dei liberati, ovviamente trasferiti in Paesi Terzi. Ma su tutto questo fenomeno politico vorrei intrattenermi con te, che sei l'unico cui si possa parlare a dovuto livello. Che Iddio lo renda possibile. Naturalmente comprendo tutte le difficoltà. Ma qui occorrono non sotterfugi, ma atti di coraggio. Dopo un po' l'opinione pubblica capisce, pur che sia guidata. In realtà qui l'ostacolo è l'intransigenza del partito comunista che sembra una garanzia.

Credo sarebbe prudente guardare più a fondo le cose, tenuto conto del più duttile atteggiamento socialista cui fino a due mesi fa andavano le nostre simpatie. Forse i comunisti vogliono restare soli a difendere l'autorità dello Stato o vogliono di più. Ma la D.C. non ci può stare. Perché nel nostro impasto (chiamalo come vuoi) c'è una irriducibile umanità e pietà: una scelta a favore della durezza comunista contro l'umanitarismo socialista sarebbe contro natura. Importante è convincere Andreotti che non sta seguendo la strada vincente. E' probabile che si costituisca un blocco di oppositori intransigenti. Conviene trattare

Grazie e affettuosamente Aldo Moro


 

A Erminio Pennacchini -recapitata il 29 aprile - non divulgata

La lettera fu consegnata, il 29 Aprile, a Pennacchini da Tullio Ancora che, a sua volta, la ricevette dalla Sig.ra Moro insieme ad una missiva a lui indirizzata ed un'altra per on.le Ingrao. Secondo le intenzioni di Moro la lettera, insieme a quelle per Piccoli e Dell'Andro, doveva essere consegnata a Don Mennini come si legge nel messaggio inviato al sacerdote ma non recapitato. Lettera non divulgata durante il sequestro fu pubblicata per la prima volta da "Il Corriere della Sera" il 13 settembre 1978. Guarda il manoscritto

 

Carissimo Pennacchini,

ho avuto sempre grande stima di te, per tutto, ma soprattutto per la cristallina onestà. E' quindi naturale che in un momento drammatico mi rivolga a te per un aiuto prezioso che consiste semplicemente nel dire la verità. Dirla, per ora, ben chiara agli amici parlamentari ed a qualche portavoce qualificato dell'opinione pubblica. Si vedrà poi se ufficializzarla.

Si tratta della nota vicenda dei palestinesi che ci angustiò per tanti anni e che tu, con il mio modesto concorso, riuscisti a disinnescare. L'analogia, anzi l'eguaglianza con il mio doloroso caso, sono evidenti. Semmai in quelle circostanze la minaccia alla vita dei terzi estranei era meno evidente, meno avanzata. Ma il fatto c'era e ad esso si è provveduto secondo le norme dello Stato di necessità, gestite con somma delicatezza.

Di fronte alla situazione di oggi non si può dire perciò che essa sia del tutto nuova. Ha precedenti numerosi in Italia e fuori d'Italia ed ha, del resto, evidenti ragioni che sono insite nell'ordinamento giuridico e nella coscienza sociale del Paese. Del resto è chiaro che ai prigionieri politici dell'altra parte viene assegnato un soggiorno obbligato in Stato Terzo.

Ecco, la tua obiettiva ed informata testimonianza, data ampiamente e con la massima urgenza, dovrebbe togliere alla soluzione prospettata quel certo carattere di anomalia che taluno tende ad attribuire ad essa. E' un intermezzo di guerra o guerriglia che sia, da valutare nel suo significato. Lascio alla tua prudenza di stabilire quali altri protagonisti evocare.

Vorrei che comunque Giovannoni fosse su piazza. Ma importante è che tu sia lì, non a fare circolo, ma a parlare serenamente secondo verità. Tra l'altro ricordi quando l'allarme ci giunse in Belgio? Grazie per quanto dirai e farai secondo verità. La famiglia ed io, in tanta parte, dipendiamo da te, dalla tua onestà e pacatezza.

Affettuosamente Aldo Moro


 

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